Obiettivi principali del Consiglio d’Europa sono la tutela e la promozione dei diritti dell’uomo, della democrazia e dello Stato di diritto, attraverso la creazione di uno spazio democratico e giuridico comune, nel quale la cooperazione tra tutti gli Stati membri permetta di formulare soluzioni efficaci ai problemi attuali cui il continente è chiamato a far fronte.
Tali principi, fondamenta di stabilità, tolleranza e coesione sociale, sono perseguiti tramite attività prettamente politiche – svolte nel quadro del Comitato dei Ministri, l’organo collegiale dell’Organizzazione – nonché attività di tipo normativo intergovernativo, di monitoraggio e di cooperazione con i Paesi membri.
Nell’intento di favorire la presa di coscienza e la valorizzazione dell’identità culturale europea tutelando, allo stesso tempo, diversità e specificità proprie dei vari Paesi membri, il Consiglio d’Europa persegue, nei seguenti tre “pilastri” principali in cui opera, obiettivi concreti.
DIRITTI DELL’UOMO
Priorità del Consiglio d’Europa è la difesa dei diritti dell’uomo consacrati nella Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo (adottata nel 1950) e negli altri strumenti di tutela dei diritti fondamentali.
Spaziando dalla protezione alla promozione dei diritti dell’uomo, il Consiglio d’Europa sostiene l’uguaglianza, sforzandosi di assicurare il godimento dei diritti civili, politici e sociali e riservando un’attenzione particolare ai diritti dei soggetti più vulnerabili (bambini, donne, appartenenti a gruppi minoritari, ecc.).
Fondamentale, in tal senso, è l’impegno del Commissario per i diritti umani, istituzione indipendente concepita con il compito di promuovere l’effettivo rispetto dei diritti umani nonché l’educazione e la sensibilizzazione ai diritti umani negli Stati membri.
Nell’ambito delle attività normative intergovernative, un ruolo di primo piano è svolto dal Comitato direttivo per i diritti dell’uomo (CDDH) che, composto dai rappresentanti degli Stati membri, contribuisce allo sviluppo dei diritti umani mediante l’elaborazione di nuovi strumenti vincolanti e non in materia di diritti umani, tenendo nella massima considerazione l’evoluzione della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Al CDDH è affidato il compito di sovrintendere alle varie attività di protezione e promozione dei diritti dell’uomo, grazie anche all’apporto di strutture subordinate dedicate alla riforma della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (DH-SYSC), e alle questioni attinenti la bioetica (DH-BIO), nonché di gruppi di redazione di volta in volta istituiti su temi specifici (diritti umani nelle società culturalmente diversificate, diritti umani e business, ecc.).
All’attività del Comitato si deve, ad esempio, l’adozione di tre rilevanti Protocolli Addizionali alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: il Protocollo n. 12 che vieta qualsiasi forma di discriminazione, il Protocollo n. 13 di abolizione della pena di morte in ogni circostanza ed il Protocollo n. 14 che ha emendato il sistema di controllo della Convenzione.
Il Comitato ad hoc di esperti sui diritti delle persone con disabilità (CAHDPH) consiglia e sostiene gli Stati membri nella definizione e realizzazione di politiche e azioni a favore delle persone con disabilità ed ha il compito di preparare il nuovo “Piano di azione del Consiglio d’Europa per le persone con disabilità” per il periodo 2017/2023, nonchè di promuoverne la sua messa in atto.
Trasversale è l’attività del Comitato di esperti ad hoc sulle questioni relative ai Rom (CAHROM), incaricato di analizzare l’attuazione di politiche nazionali di inclusione delle comunità Rom, al fine di promuovere gli standards del Consiglio d’Europa nonché di identificare le buone prassi in materia. Il CAHROM, più in generale, è incaricato di seguire l’evoluzione della situazione dei Rom in Europa, allo scopo di elaborare strumenti per lo sviluppo e l’attuazione di politiche volte a promuovere i diritti di tali comunità.
Per quanto riguarda i meccanismi di monitoraggio, oltre alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, esistono numerosi organismi competenti in specifiche materie:
Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani e degradanti (CPT) è un meccanismo non giudiziario, a carattere preventivo, creato sulla base della Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o dei trattamenti inumani o degradanti del Consiglio d’Europa (aperta alla firma il 26 novembre 1987, ratificata dall’Italia il 29 dicembre 1988 ed entrata in vigore il primo febbraio 1989). Sulla base dei principi di cooperazione con le autorità nazionali e di confidenzialità, il lavoro del CPT consiste in un sistema di visite, effettuate (periodicamente o ad hoc) da delegazioni composte da un certo numero di membri del Comitato (eletti dal Comitato dei Ministri su proposta degli Stati parte), nelle carceri, nei centri di detenzione per minorenni e stranieri, nei commissariati di polizia, negli ospedali psichiatrici, nelle case di cura, ecc.
All’esito di ciascuna visita, il CPT instaura una sorta di dialogo con le autorità dello Stato oggetto della visita, indirizzando alle stesse un dettagliato rapporto comprendente le raccomandazioni, i commenti e le richieste di informazioni ritenuti necessari. Il rapporto è poi pubblicato, su autorizzazione dello Stato interessato, con i commenti delle autorità nazionali.
L’ultima visita di monitoraggio effettuata dal CPT in Italia risale ad aprile 2016, ma il relativo rapporto non è stato ancora reso pubblico. Nel dicembre 2016 è stato invece pubblicato il rapporto su una visita ad hoc, volta ad esaminare le condizioni di trattamento di un gruppo di cittadini nigeriani nel corso di un’operazione di rimpatrio, il quale ha messo in luce alcune criticità relative al pieno rispetto del principio di non-refoulement. In particolare, secondo quanto riportato, il CPT ha potuto osservare come alcuni dei cittadini nigeriani soggetti alla procedura di rimpatrio fossero ancora in attesa del responso dei giudici di appello sulla richiesta di asilo.
Il Comitato europeo dei diritti sociali (CEDS) ha il compito di verificare la conformità del diritto e della prassi degli Stati firmatari con la Carta Sociale Europea (aperta alla firma a Torino il 18 ottobre 1961, ratificata dall’Italia il 22 ottobre 1965 ed entrata in vigore il 26 febbraio 1965, essa è stata emendata nel 1996). Composto di 15 esperti indipendenti ed imparziali, eletti dal Comitato dei Ministri con un mandato di sei anni, rinnovabile una sola volta, il CEDS svolge un duplice ruolo.
Nell’ambito dell’esame dei rapporti riguardanti l’attuazione delle disposizioni della Carta – che gli Stati firmatari sono tenuti a presentare periodicamente – il CEDS valuta la conformità degli assetti nazionali con gli standards previsti dalla Carta stessa ed adotta delle conclusioni pubblicate annualmente. In caso di mancato adeguamento dello Stato ad una decisione di non conformità da parte del CEDS, il Comitato dei Ministri può adottare una raccomandazione che chieda espressamente la modifica della legislazione o della prassi vigenti nel Paese.
L’Italia, dal 1967 al 2016, ha presentato 20 rapporti riguardanti l’attuazione della Carta Sociale e 15 concernenti la Carta emendata.
Inoltre, il CEDS adotta delle decisioni nel quadro della procedura dei ricorsi collettivi introdotta in virtù di un Protocollo Addizionale (aperto alla firma il 9 novembre 1995, ratificato dall’Italia il 3 novembre 1997 ed entrato in vigore il primo luglio 1998). Sindacati ed organizzazioni di lavoratori nazionali ed europee, ONG internazionali e, previa espressa autorizzazione da parte dello Stato interessato, anche nazionali possono, infatti, presentare al Comitato dei ricorsi volti ad accertare presunte violazioni dei diritti sanciti dalla Carta.
Dall’entrata in vigore del Protocollo al 2016 sono stati presentati contro l’Italia 13 ricorsi collettivi, in cinque dei quali il CEDS ha riconosciuto la violazione delle disposizioni della Carta.
Rilevanti sono le modifiche, incidenti su legislazioni e prassi nazionali, scaturenti dal sistema di controllo del CEDS. Basti pensare, a titolo di esempio, all’influenza esercitata, nel nostro Paese, sulla normativa in tema di mercato del lavoro con l’introduzione di un approccio integrato per la parità dei sessi; il divieto di discriminazione sul luogo di lavoro fondata sulla religione, sulle convinzioni personali, la disabilità, l’età e l’orientamento sessuale; la regolamentazione del lavoro notturno; ecc.
La Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI), creata nel 1993, lotta contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia, l’antisemitismo e l’intolleranza in Europa, alla luce della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo, dei suoi Protocolli Addizionali e della relativa giurisprudenza.
Principale attività dell’ECRI – composta da esperti indipendenti designati dai Governi degli Stati membri del Consiglio d’Europa – è il monitoraggio, Paese per Paese, dei fenomeni di razzismo ed intolleranza, sulla base di un sistema di visite periodiche a seguito delle quali viene pubblicato un rapporto con le conclusioni dell’ECRI e le raccomandazioni rivolte allo Stato. Tale monitoraggio è svolto in cicli di cinque anni e permette di analizzare ogni anno la situazione di 9/10 paesi. La più recente visita dell’ECRI in Italia, nell’ambito del quinto ciclo di monitoraggio, è avvenuta a settembre 2015 ed il relativo rapporto è stato reso pubblico nel giugno del 2016.
Inoltre, l’ECRI elabora delle raccomandazioni di politica generale indirizzate a tutti gli Stati membri, nell’intento di fornire linee direttrici per l’elaborazione di politiche nazionali conformi agli standards previsti dal Consiglio d’Europa. L’ECRI ha adottato finora 16 raccomandazioni, riguardanti le componenti fondamentali delle legislazioni nazionali in materia di: lotta contro il razzismo, la xenofobia e l’intolleranza; l’istituzione di organismi nazionali specializzati nella lotta contro il razzismo e la discriminazione razziale; la lotta contro il razzismo nei confronti dei Rom; la lotta contro l’islamofobia; la lotta contro la diffusione di materiale razzista via Internet; la lotta contro il razzismo nella lotta al terrorismo; la lotta contro l’antisemitismo; la lotta contro il razzismo e la discriminazione razziale nella e attraverso l’educazione scolastica, nel corso delle attività di polizia e nello sport; la lotta contro la discriminazione nei confronti dei Rom; il contrasto alla discriminazione razziale nel lavoro, il contrasto al “discorso dell’odio”; la tutela degli immigrati irregolari dalle discriminazioni.
Infine, imprescindibile per il radicamento di una cultura di tolleranza è la sensibilizzazione della società civile. A tal fine, l’ECRI organizza frequenti tavole rotonde, collabora con ONG e media ed elabora programmi di formazione ed informazione rivolti ai cittadini degli Stati membri.
Il Gruppo di esperti sulla lotta alla tratta degli esseri umani (GRETA) è incaricato di vigilare sull’attuazione da parte degli Stati membri della Convenzione del Consiglio d’Europa contro la tratta di esseri umani da parte degli Stati membri (aperta alla firma il 16 maggio 2005, ratificata dall’Italia il 29 novembre 2010 ed entrata in vigore il primo febbraio 2008).
A fronte dell’espandersi e del radicarsi, in tutta Europa, del fenomeno della tratta degli esseri umani, il Consiglio d’Europa ha, infatti, ritenuto necessaria l’elaborazione di un vero e proprio strumento giuridico vincolante che andasse oltre le mere raccomandazioni rivolte, di volta in volta, ai singoli Stati. La Convenzione, basata sul principio per cui la tratta degli esseri umani costituisce una violazione dei diritti della persona ed un attentato alla dignità ed all’integrità dell’essere umano, persegue tre obiettivi: prevenire la tratta, proteggere i diritti umani delle vittime della stessa e perseguire i trafficanti.
Nel 2011 il GRETA – formato da 15 esperti indipendenti ed imparziali – ha iniziato, negli Stati membri, il suo primo ciclo di visite all’esito delle quali è prevista la redazione di rapporti di valutazione sulle misure adottate per combattere la tratta di esseri umani e su quelle volte a proteggere le vittime del fenomeno.
La prima visita di valutazione del GRETA in Italia si è svolta nel dicembre 2013 ed il relativo rapporto è stato pubblicato nel 2014. Nel settembre 2016 il GRETA ha effettuato una visita in Italia, ai sensi dell’art. 7 della Convenzione (che prevede una richiesta urgente di informazioni e visite ad hoc qualora si ravvisi una situazione che richiede un’attenzione immediata), che ha affrontato il tema dei rimpatri forzati delle vittime di tratta. Il relativo rapporto è stato reso pubblico nel gennaio 2017.
Il monitoraggio della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali (FCNM) aperta alla firma il primo febbraio 1995, ratificata dall’Italia il 3 novembre 1997 ed entrata in vigore il primo febbraio 1998) è affidato ad un Comitato di 18 esperti indipendenti eletti dal Comitato dei Ministri, incaricato di redigere rapporti sulla legislazione e la prassi in materia di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali dei membri appartenenti alle minoranze nazionali negli Stati del Consiglio d’Europa.
In particolare, l’attività del Comitato comporta l’esame dei rapporti periodicamente redatti dai singoli Stati e sulla base dei quali, dopo una visita nello Stato interessato, nel corso della quale il Comitato incontra interlocutori governativi, rappresentanti delle minoranze nazionali e membri della società civile attivi sul fronte della protezione delle minoranze nazionali, viene redatto un parere che, quattro mesi prima della pubblicazione, viene trasmesso allo Stato interessato per eventuali commenti. Segue, da parte del Comitato dei Ministri, l’adozione di una Risoluzione contenente le conclusioni e le raccomandazioni dirette allo Stato per l’attuazione della Convenzione-quadro. Il parere sull’Italia, relativo al quarto ciclo di monitoraggio, elaborato a seguito dell’ultima visita di monitoraggio del luglio 2015, è stato pubblicato assieme ai commenti del Governo italiano nel luglio 2016.
DEMOCRAZIA
Il Consiglio d’Europa tutela e promuove, nei suoi Stati membri, la stabilità democratica e la buona governance democratica sul piano nazionale, regionale e locale, sostenendo e favorendo riforme politiche, legislative e costituzionali.
Dal punto di vista della cooperazione politica in materia, si ricordano le istituzioni, espressioni della democrazia nazionale (l’Assemblea Parlamentare), della democrazia locale (il Congresso dei Poteri Locali e Regionali) e della società civile (la Conferenza delle OING).
Per quanto riguarda le strutture di cooperazione intergovernativa, in quest’ambito, si ricordano:
Il Comitato Europeo sulla democrazia e la governance (CDDG) costituisce un forum per lo scambio di informazioni, prospettive e buone prassi tra Stati membri, rappresentanti delle collettività locali e regionali ed osservatori in materia di affermazione di un effettivo governo democratico a livello territoriale, cooperazione transfrontaliera e partecipazione dei cittadini alla vita politica nelle comunità di appartenenza.
All’educazione ed alle tematiche ad essa affini è dedicato il Comitato direttivo sulla politica e le pratiche in materia di educazione (CDPPE), incaricato dello sviluppo di politiche e prassi educative innovative che, ispirate ai valori fondamentali promossi dal Consiglio d’Europa, si rivelino base per l’instaurazione di un costruttivo dialogo interculturale e per il radicamento dei valori di cittadinanza democratica.
Il Comitato direttivo sulla cultura, il patrimonio ed il paesaggio (CDCPP), che raggruppa gli Stati membri della Convenzione culturale europea (aperta alla firma il 19 dicembre 1954, ratificata dall’Italia il 16 maggio 1957 ed entrata in vigore il 5 maggio 1955) supervisiona, in un’ottica di lungo periodo, le attività del Consiglio d’Europa negli ambiti della cultura, del dialogo interculturale, del patrimonio e del paesaggio, nell’intento di favorire lo sviluppo socio-economico durabile e la coesione sociale e territoriale.
Al mondo giovanile è consacrato il Consiglio misto sulla gioventù (CMJ) che ha lo scopo di elaborare politiche che favoriscano l’inserimento dei giovani in una società ispirata ai valori di democrazia e pluralismo propri del Consiglio d’Europa. Il CMJ consta di due componenti: una governativa, il Comitato direttivo europeo per la gioventù (CDEJ), composto da rappresentati dei 50 Stati firmatari della Convenzione culturale europea, ed una non governativa, il Consiglio consultativo per la gioventù (CCJ), composto da rappresentanti dei Comitati nazionali della gioventù e da esponenti di ONG impegnate in materia di giovani.
Si segnala, infine, il Comitato europeo ad hoc per l’Agenzia Mondiale Antidoping (CAHAMA), che coordina l’azione comune degli Stati membri del Consiglio d’Europa nel quadro delle relazioni degli stessi con l’Agenzia Mondiale Antidoping (AMA).
STATO DI DIRITTO
Il Consiglio d’Europa sostiene la preminenza del diritto attraverso programmi volti a combattere le minacce allo Stato di diritto, rappresentate al giorno d’oggi dal terrorismo e da numerose forme di criminalità (corruzione, riciclaggio di denaro, criminalità organizzata ed informatica) ed a rafforzare lo Stato di diritto stesso.
Di estrema importanza risultano, in tale ambito, le strutture di cooperazione intergovernativa.
Sul fronte della difesa contro le minacce allo Stato di diritto, si annovera il Comitato di esperti sul terrorismo (CODEXTER), incaricato di vigilare sull’attuazione degli strumenti elaborati dal Consiglio d’Europa in materia di lotta al terrorismo, di analizzare la capacità giuridica ed istituzionale degli Stati membri in tale campo e di favorire lo scambio di buone prassi.
Diversi Comitati intergovernativi operano, inoltre, per l’elaborazione e la diffusione di politiche e norme giuridiche comuni nell’insieme dei Paesi membri.
Il Comitato europeo per i problemi criminali (CDPC) ha il compito di dirigere, tanto sul piano sostanziale che procedurale, la cooperazione giuridica intergovernativa nel campo del diritto penale e della lotta alla criminalità organizzata. Il CDPC è coadiuvato, nella sua azione, dal Comitato di esperti sul funzionamento delle Convenzioni europee sulla cooperazione in materia penale (PC-OC) e dal Consiglio di cooperazione penologica (PC-CP).
Il Comitato europeo di cooperazione giuridica (CDCJ) è incaricato del coordinamento delle attività in ambito di diritto pubblico e privato con specifico riferimento ai settori giuridici del diritto di famiglia, dei diritti dei bambini, del diritto amministrativo, delle questioni legate al riconoscimento della nazionalità ed all’acquisizione della cittadinanza.
Il Comitato dei consiglieri giuridici sul diritto internazionale pubblico (CAHDI) è un forum destinato allo scambio di informazioni in materia di diritto internazionale pubblico.
Il Comitato direttivo sui media e la società dell’informazione (CDMSI) è incaricato delle questioni relative ai media, alla società dell’informazione ed alla protezione dei dati personali. In particolare, nell’intento di contribuire alla salvaguardia della libertà di espressione, esso vigila sull’attuazione della Strategia del Consiglio d’Europa per la governance di Internet nonché sul rispetto dell’indipendenza e del pluralismo dei media. Scopo ultimo è fare dei moderni strumenti forniti dalla società dell’informazione un veicolo concreto di radicamento e rafforzamento dei diritti dell’uomo, dello Stato di diritto e di una democrazia sempre più pluralista.
Per l’affermazione di un assetto conforme ai dettami dello Stato di diritto e per la valorizzazione dell’importanza del potere giudiziario quale organo di garanzia degli assetti democratici esistono tre gruppi consultivi: la Commissione europea per l’efficacia delle giustizia (CEPEJ) il cui obiettivo è il miglioramento del funzionamento della macchina giudiziaria negli Stati membri e della fiducia dei cittadini nei confronti della giustizia, attraverso l’analisi e l’identificazione delle eventuali problematiche dei sistemi giuridici nazionali nonché la definizione di strumenti concreti che migliorino i servizi offerti ai cittadini; il Consiglio consultivo dei Giudici europei (CCJE), organo competente sulle questioni inerenti indipendenza, imparzialità e competenza dei giudici ed il Consiglio consultivo dei Procuratori europei (CCPE), organo che si occupa delle questioni relative al funzionamento effettivo della figura del Pubblico Ministero nei diversi sistemi europei di giustizia penale.
Da ricordare, inoltre, un meccanismo di monitoraggio rilevante nell’ambito dello Stato di diritto: il MONEYVAL, Comitato di esperti sulla valutazione delle misure di lotta contro il riciclaggio dei capitali ed il finanziamento del terrorismo, che veglia sull’attuazione di un efficace sistema di lotta al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo, conformemente alle norme internazionali in materia.
PROGRAMMI DI COOPERAZIONE
In tutti i tre “pilastri” attorno ai quali ruota l’attività del Consiglio d’Europa, inoltre, un apporto fondamentale è assicurato dalla cooperazione dell’Organizzazione di Strasburgo con gli Stati membri. Per l’attuazione dei Programmi di cooperazione, il Consiglio d’Europa collabora con interlocutori governativi e non dei 47 Paesi membri.
Per quanto concerne i processi di riforma e rafforzamento delle istituzioni nazionali, la Direzione Generale per i diritti dell’uomo e lo Stato di diritto del CoE fornisce un supporto agli Stati membri allo scopo di creare le condizioni per garantire la conformità delle legislazioni nazionali con gli standard del Consiglio d’Europa, fornendo il necessario supporto tecnico. Ad essa fanno capo, tra gli altri, due Programmi di cooperazione tecnica, l’uno, incentrato sul rafforzamento delle capacità in materia giuridica e dei diritti dell’uomo, che, oltre a promuovere la conoscenza delle norme europee, favorisce l’applicazione delle stesse conformemente ai rilievi sollevati dagli organismi di monitoraggio e, l’altro, dedicato alle problematiche della Società dell’informazione e dei crimini economici, che opera per il consolidamento delle misure preventive nel campo in questione.
Diversi programmi, poi, contribuiscono al rafforzamento della democrazia: tra questi, il Programma Confidence-Building Measures (CBMs), attivo nelle zone interessate da conflitti o ancora caratterizzate al loro interno da tensioni tra le diverse comunità presenti, che rappresenta il supporto operativo al dialogo che la comunità internazionale si sforza di facilitare o ristabilire tra la popolazione.
In materia di formazione, si segnalano HELP (Programma europeo di formazione ai diritti dell’uomo per i professionisti del diritto) che ha lo scopo di favorire l’integrazione a livello nazionale delle norme della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, così come interpretate dalla Corte di Strasburgo; ROMED (Programma di formazione dei Mediatori Rom), che ha l’obiettivo di dotare i mediatori delle competenze necessarie per facilitare la comunicazione tra le comunità Rom e le istituzioni pubbliche, in particolare nelle scuole, negli ospedali e nei centri per l’impiego; il Programma di educazione alla cittadinanza democratica e ai diritti dell’uomo, volto a rafforzare la cultura democratica ed a preparare le giovani generazioni ad una partecipazione attiva alla società, ed il Programma Pestalozzi di formazione degli insegnanti che dà la possibilità ai professionisti dell’istruzione dei vari Paesi di lavorare insieme su progetti di interesse comune, contribuendo alla diffusione della consapevolezza dell’importanza dell’educazione quale vettore di promozione del rispetto dei diritti umani e di consolidamento di una società democratica.
Infine, la diffusione dei principi che stanno alla base dell’Organizzazione di Strasburgo è sostenuta da numerose campagne di sensibilizzazione promosse dal Consiglio d’Europa.
La campagna “Costruire un’Europa per e con i bambini” adotta un approccio integrato, abbracciando tutte le dimensioni (sociale, giuridica, educativa e sanitaria) rilevanti ai fini della promozione dei diritti dei bambini e della protezione degli stessi dalla violenza.
Rimarchevole anche il lavoro che sta svolgendo il Consiglio d’Europa per contrastare il fenomeno dell’istigazione on line all’odio, in primo luogo attraverso la campagna diretta ai giovani “No Hate Speech “.
LE RELAZIONI DEL CONSIGLIO D’EUROPA CON L’UNIONE EUROPEA
L’expertise e la competenza del Consiglio d’Europa sono riconosciute non solo dagli Stati che aderiscono alle iniziative promosse, ma anche dalle altre Organizzazioni Internazionali con le quali, da anni, il Consiglio ha instaurato frequenti collaborazioni.
Particolare rilevanza assumono le relazioni del Consiglio d’Europa con l’Unione Europea. Le due Organizzazioni, infatti, vantano una lunga tradizione di cooperazione basata sulla condivisione degli stessi valori di protezione e promozione dei diritti dell’uomo, della democrazia e dello Stato di diritto. Il Vertice di Varsavia del 2005 (al quale ha fatto seguito il rapporto del Primo Ministro lussemburghese Jean-Claude Juncker “Una comune ambizione per il continente europeo”) ed il Memorandum d’Intesa, firmato nel maggio del 2007 a Strasburgo, hanno poi definitivamente affermato la collaborazione tra il Consiglio d’Europa e l’Unione Europea.
Lo strumento più efficace, mediante il quale le due Organizzazioni perseguono gli obiettivi comuni, è rappresentato dai Programmi congiunti, progetti indirizzati ad uno specifico Stato oppure di portata regionale multilaterale. Attualmente sono attivi 60 Programmi congiunti. Tra di essi, si segnalano il South Programme, il cui obiettivo è rafforzare i diritti umani, lo stato di diritto e la democrazia nei paesi Partner della sponda sud del Mediterraneo in conformità con gli standard europei ed internazionali, ed il programma PCF (Programmatic Cooperation Framework), attivo nei Paesi del Partenariato Orientale dell’UE (tutti Stati membri del Consiglio d’Europa, tranne la Bielorussia) nei cinque ambiti seguenti: protezione e promozione dei diritti umani, rafforzamento della giustizia, contrasto alle minacce allo stato di diritto, sfide poste dalla società dell’informazione, promozione della governance democratica.
Da ricordare, infine, gli Uffici esterni del Consiglio d’Europa che, oltre alla promozione dei principi e norme dell’Organizzazione, hanno il ruolo di fornire assistenza e di assicurare il coordinamento con le Autorità locali nella preparazione, negoziazione ed attuazione delle attività di cooperazione del Consiglio, ivi inclusi i programmi di cooperazione con l’Unione Europea ed altri donatori, nonché di coordinare le attività in loco con altre organizzazioni ed istituzioni internazionali (UE, OSCE, Nazioni Unite).
Attualmente sono attivi 19 Uffici esterni, di cui 2 in Stati non membri (Rabat e Tunisi), ai quali si aggiungono 4 Uffici di Collegamento con altre Organizzazioni Internazionali: Vienna – OSCE e ONU; Bruxelles – UE; Varsavia – OSCE/ODIHR e Community of Democracies; Ginevra – ONU. Essi hanno il compito di favorire il coordinamento e lo scambio di informazioni allo scopo di migliorare la visibilità del Consiglio d’Europa ed identificare possibili azioni congiunte con le altre Organizzazioni.